Il trucco ha origini antichissime e il suo significato si è evoluto nel corso del tempo. Ogni civiltà ha fatto uso dei cosmetici, e con scopi diversi. Non solo esaltare la bellezza, ma anche comunicare: il volto e il corpo si riempivano di simboli che simboleggiavano il proprio status sociale o l’appartenenza tribale; ci si truccava in occasione di particolari cerimonie rituali oppure prima di andare in battaglia.
Conservare i cosmetici, quindi, diventa da subito importante tanto quanto produrli.
Già durante la preistoria, i nostri antenati creavano dei cosmetici ispirandosi ai colori della natura e utilizzando prevalentemente fiori, piante ed insetti: schiacciando i frutti di bosco, ad esempio, creavano una sorta di rossetto da applicare semplicemente con le dita. Le mani erano i pennelli.
Con il passare del tempo e l’avvento della ceramica, anche un semplice piatto di argilla diventava un contenitore ideale per i cosmetici.
La storia del packaging cosmetico risale quindi a tempi antichissimi. Con l’evoluzione sociale e l’avvento di materiali e tecniche più sofisticate, diventa sempre più complesso, adattandosi alle esigenze dei consumatori e alla loro qualità di vita.
Studiare l’evoluzione del packaging cosmetico può certamente offrire spunti interessanti – non solo da un punto di vista sociale – ma anche in termini di sostenibilità.
Quali sono i punti di forza del packaging cosmetico vintage e come sfruttarli nell’era attuale, dove il rispetto dell’ambiente è così cruciale per un prodotto di successo?

L’evoluzione del packaging cosmetico: dalla preistoria ai giorni nostri
Si inizia a parlare di packaging cosmetico già nel paleolitico: si creavano delle piccole sculture in pietra, argilla, osso e avorio realizzati con strumenti in pietra con doppia estremità, che servivano anche per la difesa personale e la caccia.
Successivamente l’uso della terracotta ha semplificato l’intero processo. Inizialmente, con questo materiale venivano realizzati contenitori per il cibo o l’acqua. È in Giappone che avviene la svolta: pressando una corda sull’argilla prima di cuocerla, si plasmavano piccoli vasi, utilizzati poi per contenere preparati cosmetici.
Il neolitico vede progressi interessanti dovuti all’evoluzione architettonica e agricola. Appaiono sculture in rilievo, sia in legno che in osso. Si evince anche un’importante evoluzione nelle forme: non solo vasi, ma anche piccole ciotole e tazze. Un elemento però, contraddistingue quest’era: l’uso del colore. La tecnica utilizzata nella produzione diventa quindi sempre più complessa e raffinata. Si sente l’esigenza di un contenitore utile, ma anche esteticamente gradevole.
Le sculture risalenti a quest’epoca rappresentano certamente i primi veri precursori del packaging cosmetico.
Era del bronzo e antico Egitto
L’avvento del rame nell’ultima parte del Neolitico, porta ad un’evoluzione fondamentale: l’uso del bronzo, che viene sempre più adoperato per la realizzazione di strumenti di vario tipo.
La scoperta del bronzo segna un evento fondamentale per il packaging cosmetico: la nascita della civiltà egizia.
Gli egizi sono noti per le loro abilità architettoniche e per il loro gusto sopraffine. Con loro, il make-up ha uno scopo del tutto nuovo: esaltare la bellezza e l’armonia, dettando una vera e propria moda che ha attraversato i secoli, in particolare per quanto riguarda il trucco degli occhi, utilizzato sia dagli uomini che dalle donne.
Il trucco e l’azione del truccarsi vengono inoltre percepiti come rituali sacri e di conseguenza anche il packaging deve essere altezza dell’importanza che riveste.
Furono proprio gli egizi ad inventare le prime palette di trucchi: nascevano come contenitori per il trucco degli occhi e del corpo, realizzati in siltite, una roccia sedimentaria. Presentavano una forma arrotondata, simile alla silhouette di una tartaruga.
La Four Dogs è un’esemplare arrivato fino ai giorni nostri, custodito nel museo del Louvres di Parigi. Presenta l’incisione di una battaglia africana, con cani, giraffe e quadrupedi e un’area centrale che serviva per mescolare le sostanze utilizzate per il trucco.

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Il make-up riveste una particolare importanza nei riti funebri, per cui gli egizi hanno saputo distinguersi. Venivano realizzati dei vasi in granito e basalto, che avevano lo scopo di conservare gli unguenti per i defunti. Per preservarne la qualità e le caratteristiche, questi contenitori erano poi sigillati con frammenti di pelle.
Il carbone diventa il materiale più usato per il trucco degli occhi, e in seguito anche per le labbra e le guance. Veniva conservato in vasi molto più piccoli di quelli utilizzati per gli unguenti e presentavano degli intagli in rilievo. Le polveri, come il blush, venivano invece conservate in contenitori di legno, osso o avorio.
Gli Egizi sono inoltre gli inventori dei primi beauty case, realizzati in cedro, ebano e avorio.
Greci e romani: il packaging cosmetico punta all’usabilità
I greci preferiscono forme più arrotondate e per la prima volta vediamo i coperchi, che hanno lo scopo di preservare il prodotto all’interno. I vasi presentavano decorazioni in rilievo e dipinti.
Con i romani, abbiamo l’avvento di un nuovo materiale per il packaging cosmetico: il vetro, che va ad aggiungersi all’oro, al legno e all’osso. Questo materiale era decisamente più economico e il governo ne incentivò l’uso su larga scala. I contenitori di questo tipo erano utilizzati per oli, profumi e cosmetici in polvere. Presentavano forme diverse, principalmente vasi e piccoli contenitori con coperchio, rigorosamente decorati.
Dal rinascimento fino all’età moderna: il packaging cosmetico come garanzia di qualità del prodotto
Il rinascimento vede l’avvento di nuove tendenze in fatto di make-up: pelle di porcellana, guance colorate e labbra rosse. I contenitori per il blush o fard erano fatti prevalentemente in legno e presentavano una forma circolare. Le farmacie iniziano a produrre cosmetici e così sarà fino al 18° secolo.
I beauty case diventano sempre più di tendenza: le donne hanno bisogno di trasportare i propri prodotti per lunghi viaggi, in particolare boccette di profumo e contenitori in legno per le polveri.
Il vetro e il metallo diventano i materiali predominati per il packaging cosmetico prima della rivoluzione industriale. Si scopre che il vetro, in particolare, protegge il prodotto evitandone l’ossidazione, mentre il metallo è indistruttibile ed impermeabile, utilizzato soprattutto per i prodotti sensibili al contatto con l’aria. Inoltre, è soprattutto un materiale conveniente in termini di costi, in quanto durevole e riutilizzabile.
Il primo cosmetico con un packaging di metallo è stato proprio il rossetto.

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Con la rivoluzione industriale, il packaging cosmetico vede un’ulteriore rivoluzione in termini di materiali: nel 1862 Alexander Parkers presenta il primo prodotto realizzato in plastica.
Con l’avvento di questo materiale, si fa sempre più netta la distinzione tra packaging primario e secondario: il primo utilizzato per contenere il prodotto, il secondo per confezionarlo.
Lo scopo del packaging cosmetico cambia radicalmente: non serve solo per conservare il prodotto ed evitare che venga compromesso, ma diventa un mezzo per comunicare l’identità del brand. Con le etichette inoltre, è possibile comunicare ingredienti, modalità d’uso, data di scadenza e informazioni sul produttore.
La storia del packaging cosmetico: un tubetto per il nostalgia marketing e la sostenibilità
Con l’industrializzazione quindi, l’impiego di materiali sostenibili per il packaging cosmetico, ha perso forza a favore della plastica, più pratica ed economica.
Tuttavia, considerati i problemi moderni relativi all’inquinamento, molte aziende cosmetiche hanno deciso di tornare indietro nel tempo.
Puntare sul packaging vintage infatti, non rappresenta solo una scelta encomiabile da un punto di vista ecologico, ma anche vincente in termini di strategia di marketing.
Il nostalgia marketing è definito infatti come la più potente strategia in circolazione, perché ha un impatto fortissimo sui consumatori, facendo riaffiorare ricordi e suscitando l’emozione dei “bei tempi andati”.
Il tubetto è sicuramente il packaging che ha l’aurea più vintage su tutti.
I primi mascara erano realizzati proprio in questo formato: negli anni ‘50 fu Maybelline a lanciare questo cosmetico in tubetto, accompagnato da una spazzolina in legno per l’applicazione.

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In epoca moderna, il tubetto in alluminio è certamente l’ideale: è eco-friendly e ha un fascino vintage che risulta vincente in termini di strategia.
Si presta benissimo a diversi tipi di prodotti: creme, sieri e lozioni, contorno occhi, blush, fondotinta e correttori preservandone la qualità ed evitando alterazioni da agenti esterni.
Con ToBeUnique di Favia, inoltre, il prodotto cosmetico diventa davvero speciale: un processo di stampa unico al mondo in grado di esaltare l’immagine del brand, regalando al tempo stesso la sensazione di un cosmetico di altri tempi.

Per saperne di più sull’impiego del tubetto in alluminio nel settore cosmetico, leggi il nostro approfondimento: Tubetti in alluminio per cosmetici: una soluzione vintage per un lancio d’effetto
Molto interessante. Infine il packaging ha sempre rappresentato l’azienda ed il suo essere, così come le culture e le tradizioni. Sicuramente ora deve non solo essere in grado di comunicare ma anche rispettare tutte quelle funzioni collegate alle funzionalità ma sopra tutto alla sicurezza e rispettare una serie di normative non indifferenti.
Quanta storia in questi racconti! Veramente il packaging dei prodotti cosmetici ha subito un cambiamento incredibile negli anni e ogni versione racconta quel preciso periodo storico. Pensandoci attentamente l’unico cosmetico che non ha visto enormi cambiamenti in termini di packaging forse è il profumo, con le sue boccette in vetro che sono utilizzate fin dagli inizi.