Si definisce greenwashing una strategia di comunicazione mirata a “ripulire” l’immagine di un’azienda, un prodotto o un brand con il richiamo a processi dal basso impatto ambientale a cui però non fanno seguito azioni concrete (o, se ci sono, possono essere considerate marginali).

Distinguere il reale impegno verso l’ambiente dal puro “greenwashing” è difficile, e non solo nel packaging. Mancano infatti delle basi solide a cui anche le aziende stesse possano fare riferimento. Eppure la chiarezza in questo senso è fondamentale perché una comunicazione troppo entusiasta o “disinvolta” può avvicinarsi pericolosamente al perimetro della pubblicità ingannevole.

Eccone un esempio. A gennaio, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha multato l’Eni per cinque milioni di euro per la campagna promozionale sul carburante Eni Diesel+, in quanto, si legge nel comunicato stampa “Nei messaggi si utilizzavano in maniera suggestiva la denominazione “Green Diesel”, le qualifiche “componente green” e “componente rinnovabile”, e altri claim di tutela dell’ambiente, quali “aiuta a proteggere l’ambiente. E usandolo lo fai anche tu, grazie a una significativa riduzione delle emissioni”, sebbene il prodotto sia un gasolio per autotrazione che per sua natura è altamente inquinante e non può essere considerato “green”. (qui il testo originale del provvedimento). Legambiente l’ha definita la prima “sentenza italiana contro il greenwashing”. Sarà davvero così?  Eni, da parte sua, ha ritirato la campagna ma ha anche dichiarato che presenterà ricorso poiché, si legge in una nota, all’azienda “si contestano le modalità espressive utilizzate e in particolare l’utilizzo del termine green, con argomentazioni puramente semantiche che Eni ritiene non condivisibili”. Chi avrà ragione? Una cosa è certa: questo caso è particolarmente emblematico. Nel perseguire e nel comunicare obiettivi ecosostenibili è indispensabile cautela. Altrimenti qualunque iniziativa potrebbe rivelarsi un boomerang.  

Un altro grande esempio internazionale è quello della nota società finanziaria Black Rock, che ha dichiarato di voler utilizzare la propria influenza per perseguire obiettivi di ecosostenibilità: chiederanno alle imprese in cui investono di rendere noti i loro piani per ridurre l’impatto ambientale e in particolare per contrastare il cambiamento climatico, si propongono di aumentare le quote di investimenti sostenibili e disinvestire dalle aziende che traggono più del 25% dei loro ricavi dallo sfruttamento del carbone. Certo, non ha proprio l’aria di una rivoluzione, ma potrebbe essere solo l’inizio di un processo destinato ad evolversi nel tempo. Qualcuno però non la pensa così: su Internet, molti hanno accusato l’azienda di portare avanti una mera operazione di facciata, senza impegni concreti (in quest’articolo del Guardian trovate riuniti diverse reazioni su Twitter).

Quindi, verrebbe da dire, si sbaglia sempre: se non cambi le strategie in nome dell’ambiente, sei un nemico della Natura. Se ci provi, quello che fai non è abbastanza, oppure sei un ipocrita che lavora in malafede.

Se la vostra azienda ha deciso per una svolta ecosostenibile nel packaging, questi esempi potrebbero farvi pensare. Ma non devono assolutamente scoraggiare: esiste un metodo valido per assicurarsi di portare avanti una strategia green efficace, senza incorrere nel rischio di essere tacciati di greenwashing. Quale? Semplice: basta perseguire un cambiamento reale. Farlo perché si crede realmente nella necessità di proteggere l’ambiente. E non come operazione d’immagine. La buona reputazione verrà di conseguenza. Non è retorica: è esperienza.

Lavoriamo da decenni con un materiale ecosostenibile, l’alluminio, riciclabile al 100% e all’infinito senza perdere le qualità originarie e la cui produzione da materiale riciclato richiede il 95% di energia in meno rispetto alla produzione di materia prima. Abbiamo cominciato quando non esisteva nemmeno il concetto di “ecosostenibilità”. Negli anni in cui la plastica invadeva ogni scaffale, abbiamo mantenuto fede alla nostra scelta e non abbiamo mai tradito l’alluminio, sapendo che presto o tardi sarebbe arrivata una svolta. Possiamo quindi ben dire di essere nati “green”.

Per questo abbiamo creato ToBeNaturAl, un tubetto completamente riciclabile in alluminio con tappo di chiusura in bioplastica compostabile: una soluzione di packaging ecosostenibile al 100% .

Il nostro impegno continua anche sul fronte della divulgazione: insieme a Consorzio CiAl, la scorsa estate abbiamo promosso una campagna social di sensibilizzazione sul valore di un packaging davvero sostenibile “Le 8 regole d’oro del packaging consapevole”. Grazie a questa campagna abbiamo raccontato al grande pubblico le peculiarità di un packaging che ha una lunga tradizione e che è tuttora innovativo e funzionale.

Iniziative concrete, che per voi si tramutano in opportunità reali. Se la vostra azienda vuole davvero compiere un passo verso l’ecosostenibilità nel packaging, contattateci: troverete in noi non un semplice fornitore ma un partner in grado di farsi interprete del vostro impegno verso la Natura e di proporre soluzioni reali, con vantaggi per l’ambiente dimostrabili e in grado di valorizzare al meglio il vostro brand. 

Soluzioni davvero green, che non saranno soltanto percepite come un gesto a favore dell’ambiente ma lo saranno davvero. A beneficio di tutti. Anche della vostra immagine.

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